Il dolore di spalla Ha senso ancora parlare di periartrite scapolo omerale?

Il dolore di spalla Ha senso ancora parlare di periartrite scapolo omerale?

Per periartrite si intende un processo infiammatorio acuto o cronico a carico di una struttura articolare che coinvolge i tessuti molli periarticolari. Il termine è generico e tendenzialmente inappropriato perchè in realtà, grazie soprattutto allo sviluppo dei mezzi di radiologia diagnostica, siamo in grado di effettuare fin dalle prime fasi un’identificazione molto accurata dei processi patologici. La sede più comune è la spalla (identificata da Codman, 1930), ma il termine viene usato anche per altre articolazioni, soprattutto l’anca. In genere si colloca in un arco di età sopra i 35 anni, è più frequente appannaggio del sesso femminile, non di rado riconosce un carattere ereditario e costituzionale e, nei soggetti più giovani, può manifestarsi in attività sportive ad alto impegno di spalla. Il dolore è frequentemente notturno e risponde talvolta poco all’uso dei Fans. Cosa fare di fronte a un paziente che si presenta con un dolore di spalla? Una buona indagine anamnestica (allargata alla patologica remota) ci potrà fornire già molte indicazioni per quanto detto sopra, ma l’esame clinico rimane fondamentale. Se il dolore è irradiato dalla sede paracervicale omolaterale è verosimile si tratti di cervico brachialgia e quindi ci si indirizza con approfondimenti clinico-strumentali in tale direzione. Se il dolore è a irradiazione anteriore o posteriore toracica, vanno escluse problematiche cardio vascolari o polmonari. Quindi nella localizzazione classica del dolore di spalla con irradiazione fino al terzo medio del braccio ci si orienta verso una problematica di “periartrite”. Ma vediamo meglio e più esattamente i quadri clinici che possono contraddistinguerla. Questa può manifestarsi come una pseudo paralisi antalgica che trova spiegazione o in una infiammazione della capsula periarticolare (cosiddetta capsulite adesiva o spalla congelata identificata inizialmente da Codman, 1934 e descritta come tale da Neviaser, 1945) o in una infiammazione dei tendini della cuffia dei rotatori (Neer, 1972) sottoscapolare (adduttore e intrarotatore) fig. 1, sovraspinoso (abduttore, extrarotatore) fig. 2, sottospinoso e piccolo rotondo (extrarotatori) fig. 3 e Capo Lungo del Bicipite (stabilizzatore testa omerale, flessore e supinatore), spesso associata a calcificazione (M. di Duplay, 1872) di per sé molto dolente. In questo caso abbiamo poche chances di effettuare un esame clinico e dovremo indirizzare il paziente all’esecuzione di esami diagnostici che, in prima istanza, saranno una radiografia e una ecografia. Nel caso invece di dolore meno intenso con limitazione funzionale meno grave, potremo eseguire tests clinici mirati. Nel caso di positività di questi sarà indispensabile una Risonanza Magnetica.

Trattamento

Il paziente che si presenta in ambulatorio con spalla rigida e molto dolente andrà trattato con borsa di ghiaccio 3 volte al giorno per 15 minuti, Fans o Cortisone a bassi dosaggi in attesa degli accertamenti indicati. Nella sindrome da conflitto acromion omerale e borsite sottoacromiale in fase acuta, va eseguito lo stesso trattamento.

Il passo successivo è il trattamento riabilitativo di terapia fisica e riabilitativa evitando la termoterapia ad alta intensità, ma utilizzando solo terapia subtermica (Tecar) e, analogamente, nel caso del Laser (Power Laser) programmi senza sviluppo di effetto termico. Nelle tendinopatie con calcificazioni (come detto all’inizio molto dolenti) dopo una fase di terapia medica analgesica e terapia fisica antiinfiammatoria (Tecar e Laser) potrebbe essere utile il trattamento con le onde d’urto in mani esperte e possibilmente sotto guida ecografica nella modalità focale.

Contemporaneamente si procede alla mobilizzazione della spalla iniziando da esercizi di mobilizzazione passiva e stretching e successivamente alla mobilizzazione attiva assistita. In genere con tali procedure si può risolvere una spalla rigida da capsulite adesiva. Nel caso fallissero tutti i trattamenti conservativi si può procedere al trattamento chirurgico in base alle condizioni generali del paziente, all’età e alle condizioni dei tendini della cuffia. Infatti negli individui più anziani la patologia degenerativa tendinea con la lesione cronica di cuffia, può assumere dimensioni tali da non permettere la riparazione chirurgica e, in tal caso, l’unica alternativa è l’impianto di una protesi (inversa), valutando in maniera ancora più accurata i rischi e i benefici. Fondamentale dopo l’intervento di riparazione di cuffia è il periodo di trattamento ortopedico con tutore (tenendo conto che la guarigione biologica iniziale richiede almeno un mese o anche più in rapporto alla gravità della lesione e al numero di strutture tendinee coinvolte). Successivamente si può iniziare la fase di riabilitazione che è cruciale nel primo mese e va portata avanti con estrema cautela, privilegiando inizialmente solo la mobilizzazione passiva (fase biologica iniziale del rimodellamento tendineo). Con l’inizio della mobilizzazione attiva assistita (45° giorno dall’intervento) possono essere impartite anche istruzioni al paziente per esercizi autogestiti domiciliari che verrano protratti e incrementati nei mesi successivi, controllando periodicamente l’evoluzione del recupero. Il bilancio finale di una cuffia dei rotatori operata, sia con tecnica artroscopica che in miniopen, non va eseguito prima dei 6 mesi.

Dott. Giulio C. Castellani