Gli stabilizzanti dell’umore

Il tono dell’umore rappresenta la tonalità con la quale affrontiamo la vita. Possiamo paragonarlo allo scorrere dell’acqua di un torrente. In condizioni normali il livello dell’acqua rimane dentro gli argini e tutto scorre in maniera regolare. In altre situazioni il flusso si riduce, procede con molta lentezza.

Queste possono rappresentare le fasi della depressione. Viceversa ci sono dei periodi nei quali il fiume è in piena, l’acqua corre veloce, rischiando di fuoriuscire, esondando e allagando tutto (come accaduto nell’alluvione che ha colpito la città di Senigallia e il territorio dell’entroterra, dove nell’esondazione del fiume Misa hanno perso la vita oltre dieci persone). Fuor di metafora, questa è la fase maniacale euforica, la polarità opposta della depressione. In questa situazione la persona ha una sensazione di benessere, è molto loquace, molto attiva anche se questa attività è spesso poco produttiva e afinalistica. Vivendo uno stato di benessere difficilmente il soggetto si lascia convincere ad assumere una terapia farmacologica in grado di contenere i suoi comportamenti più deleteri. E’ necessario che egli non arrivi ad una fase conclamata dello stato euforico, perché questa sarà sempre seguita da una successiva fase depressiva, coerente con la gravità dell’episodio euforico, per principio di compensazione.

Dai sali di litio ai nuovi principi attivi più tollerabili

Per evitare tutte queste oscillazioni si utilizzano gli stabilizzanti dell’umore. Fino ad alcuni decenni l’unico stabilizzante dell’umore noto erano i sali di litio. Attualmente abbiamo a disposizione una vasta gamma di farmaci antiepilettici che nel tempo hanno manifestato delle ottime attività antimaniacali (quali ad es.: ac. Valproico, carbamazepina, oxcarbamazepina, etc.). Questi farmaci hanno una maneggevolezza molto superiore a quella del litio, degli effetti collaterali più tollerabili e una tossicità molto minore. Nel tempo alcuni di essi hanno modificato le prassi cliniche, orientate nel passato più al controllo o allo spegnimento della fase euforica.

Lamotrigina e riluzolo

Alcuni di essi come la lamotrigina e il riluzolo, non avrebbero solo un’azione di prevenzione nell’impedire lo sviluppo della fase maniacale ma eserciterebbero un’attività di profilassi antidepressiva esercitando un’azione “dal basso” nell’ impedire l’insorgenza della fase maniacale da sempre interpretato su un piano psicodinamico, come un tentativo del soggetto di evitare la sofferenza della fase depressiva. Il riluzolo è stato sviluppato come presidio terapeutico nei confronti della SLA. Questo farmaco come la lamotrigina, inibisce il rilascio di glutammato. Si suppone che il rilascio di glutammato prevenga l’eccitossicità che potrebbe determinare la morte dei motoneuroni nella SLA. (pag. 237 Sthefen M. Stahl: “Depressione e Disturbi bipolari. Ed. italiana a cura di Luca Pani 2011 edi-ermes). Questo può farci ipotizzare un legame fra gli intensi stati affettivi che lo spettro del disturbo bipolare propone e l’insorgenza di patologie autoimmunitarie. Sicuramente, visti i nuovi presidi terapeutici a disposizione è molto più facile trattare queste forme, finché non raggiungono delle manifestazioni eclatanti difficilmente vengono riconosciute. Nelle situazioni di maggiore gravità gli stabilizzanti dell’umore andranno associati con altri farmaci di natura neurolettica.

“Per evitare tutte queste oscillazioni si utilizzano gli stabilizzanti dell’umore. Fino ad alcuni decenni l’unico stabilizzante dell’umore noto erano i sali di litio.”

Dott. Moreno Marcucci