Editoriale - n.33 Luglio 2022

Cari lettori,

in questa edizione estiva con le temperature roventi da caldo africano, tra la riforma sanitaria marchigiana in attesa di essere votata in Consiglio Regionale, sulla quale ritorneremo nel dettaglio, dedico alcune riflessioni sul rapporto medico-paziente, aspetto centrale della professione, molto spesso sottovalutato.

Sebbene tale rapporto rivesta, come ovvio, un’assoluta priorità nell’esercizio della professione medica, pur tuttavia, in modo abbastanza curioso, ad essa non viene dedicata in Italia specifica trattazione nell’ambito dei corsi di laurea, dalle scuole mediche tradizionali. Rimane ancora forte l’idea che lo sviluppo si basi ancora sulle capacità personali e doti innate.

In modo altrettanto curioso si nota la mancanza di studio sugli aspetti della comunicazione, fondamento stesso del rapporto medico-paziente sia nei suoi aspetti verbali che non verbali, emozionali e comportamentali. E malgrado sia dimostrato che l’apprendimento delle buone prassi della comunicazione aumentino in modo significativo l’efficacia diagnostica e terapeutica dell’azione clinica, la vecchia logica continua a fare da padrona.

Il crescente utilizzo tecnologico della medicina, insieme alla sempre maggiore tendenza alla sub-specializzazione, si possono trasformare in potenziali pericoli nell’avviare il medico a trasformarsi in “semplice operaio della salute”, o quantomeno in una progressiva distanza tra i due soggetti. Ricordiamo che il paziente non è un “caso” ma “un interlocutore umano”; la malattia non è un fenomeno solo fisico-chimico ma un evento più complesso bio-psico-sociale. Tutto ciò tradotto in semplici termini, ci indica che il rapporto medico-paziente riveste un ruolo importante nella cura di tutte le patologie.

Buona lettura

dr. Alberto Gagliardi