Comfort Food

Rabbia, tristezza, delusione, ansia sono tutti stati d’animo che spesso inducono a colmare con il cibo queste emozioni, che diventa in questo modo non più un semplice fornitore di carburante per l’organismo

Il termine inglese comfort food potrebbe erroneamente portare a pensare ai cibi preferiti da una persona, quelli che potrebbero essere consumati in qualunque occasione. In realtà il termine si riferisce agli alimenti o ai piatti che hanno un valore sentimentale e/o emotivo per chi li consuma, generando una sensazione di benessere psicofisico.

La memoria del sapore ha un ruolo centrale nell’alimentazione e va proprio sotto il nome di Comfort Food, ovvero quei cibi ai quali si ricorre nei momenti di nostalgia o di un particolare bisogno emotivo: la consolazione da cibo, la sensazione di benessere che si ottiene mangiandolo non è solo merito della bontà della ricetta ma è, soprattutto, questione di reazioni chimiche a livello del cervello. Il cibo non è più bisogno fisiologico ma psicologico, e più un momento è delicato, più i consumatori di comfort food si rifugiano in uno di quegli alimenti che offrono loro sicurezza e colmano il vuoto interiore.

Rabbia, tristezza, delusione, ansia sono tutti stati d’animo che spesso inducono a colmare con il cibo queste emozioni, che diventa in questo modo non più un semplice fornitore di carburante per l’organismo ma, improvvisamente, viene elevato ad autentica consolazione da sentimenti o situazioni poco gradevoli.

Anche la fame per noia può indurre ad assumere dei comfort food: quando non si sa cosa fare mangiare diventa l’alternativa piacevole per ingannare il tempo e far sì che trascorra più velocemente. Il cibo di conforto diventa la soluzione apparente nei momenti di stress e sembra il modo più facile per non sentire certe emozioni, compresa la noia.

Alimentarmente parlando, i cibi che si tende a ricercare in questi momenti hanno delle caratteristiche ben precise, sono spesso ricchi di zuccheri e generalmente ipercalorici, quindi sono alimenti da attenzionare se si sta cercando di migliorare la propria alimentazione. Sotto stress, infatti, si è più attratti da alimenti dolci e grassi e l’assunzione di determinati alimenti produce un rilascio di Dopamina dal cervello che rinforza positivamente questi comportamenti di reazione allo stress.

Trattandosi di alimenti spesso ipercalorici è normale che vadano consumati con una certa moderazione per non intaccare eccessivamente lo stato di salute: non esagerare è la parola d’ordine, cercando sempre un compromesso fra il desiderio e la salute personale. Non esistono cibi che, salvo patologie specifiche, vanno eliminati del tutto e la loro introduzione (ben bilanciata) potrebbe aiutare anche nella sostenibilità della dieta, elemento chiave a cui bisogna sempre fare attenzione in un percorso alimentare.

Esistono poi dei cibi come le mandorle ed il cioccolato fondente che fanno bene all’umore in modo naturale, perché favoriscono il rilascio di endorfine, dopamina e serotonina che contribuiscono a ridurre lo stress e rilassare i nervi. È importante inoltre sottolineare come tutti hanno un cibo di conforto ed è, quindi, normale averne qualcuno: i cibi tradizionali delle feste, i piatti dell’infanzia, i cibi condivisi con persone care sono tutti cibi di conforto perché riempiono il cuore e riportano alla mente momenti positivi. Sicuramente non è pensabile limitarsi a suggerire a chi è in preda allo stress o a un’emozione forte di evitare di cedere ai comfort food, se è abituato a farlo. Per di più non è sempre possibile, senza una strategia mirata, placare l’impulso spesso travolgente di chi ricorre non solo a piccoli e continui spuntini ma spesso ad abbuffate inverosimili. L’eccessivo e rigido controllo non fa che aumentare la condizione di stress già esistente ed aumenta il piacere della trasgressione che verrà ricercata ancora con più forza.

Non importa cosa da conforto, l’importante è che il qualcosa scelto non diventi una malsana abitudine.

Dott.ssa Cristiana Della Peruta